Reading Time: 12 minutes

Se dico “sanità mentale” a cosa pensi?

E se dico igiene mentale ti spaventi?

Se senti parlare di un conoscente come di una persona che «va dallo psicologo» cosa pensi di lui?

Sanità mentali in Italia; io penso, e la mia ospite di oggi mi dà ragione, che non se ne parli abbastanza, o se se ne parla, rimane un argomento relegato ad una comunità interessata dall’argomento come professionisti e pazienti.

Non dovrebbe essere così, la sanità mentale in Italia per l’opinione pubblica non rientra proprio nel concetto di sanità, c’è ancora molto lavoro da fare ed è per questo che ti chiedo di diffondere il nostro messaggio condividendo questo articolo.

rachele piperno psicologa psicoterapeutaRachele Piperno è Psicologa Psicoterapeuta, collabora con un’associazione di familiari di persone con disagio psichico (ASVAP BRIANZA), lavora in studio privato a Milano e Monza.

1) Sanità mentale in Italia: Rachele, perché non se ne parla abbastanza?

«La prima risposta che suona un po’ scontata è che esiste ancora un forte stereotipo legato alla salute mentale soprattutto se si parla di disagio psichico, si è ancora legati alla parola “matto” e al terrore che questo evoca. Sicuramente la cura dei disturbi psichici è una cura “recente”, si pensi che Freud e le origini della psicoanalisi risalgono a 100 anni fa.

Prima le persone con disagio psichico venivano rinchiuse, considerate come persone possedute da demoni, mandate al rogo, oppure nascoste all’interno delle comunità. Parlare di salute mentale non significa solo parlare di disagio psichico, ma anche di prevenzione e di diffusione di una cultura psicologica, volta ad individuare segnali precoci di malessere e favorire lo sviluppo di strategie per affrontare le situazioni potenzialmente stressanti e accettare le nostre emozioni, anche quelle negative».

Sanità mentale in Italia: la figura dello psicologo

«La figura dello psicologo è vista, ancora, in modo scettico, si pensa che sappiamo leggere nella mente e che siamo lì pronti a giudicare e vedere elementi patologici in ognuno. Ma così non è. La psicoterapia è un percorso intimo, dove si condividono vissuti, esperienze ed emozioni in uno spazio protetto, non giudicante, diverso da quello della vita quotidiana.

Ancora tanti pazienti arrivano in terapia con atteggiamenti diffidenti, spesso alla fine di un lungo peregrinaggio che li ha condotti a consultare diverse figure professionali senza aver trovato risposte al loro disagio e così, la figura dello psicologo diventa l’ultima spiaggia a cui approdare».

L’origine del disagio psichico

«Decidere di intraprendere un percorso di psicoterapia può non essere cosa semplice perché richiede alla persona di mettersi in gioco, di collaborare con il terapeuta per raggiungere un obiettivo condiviso».

salute mentale

Leggi anche: Coronavirus e salute mentale

«Attraverso i colloqui il terapeuta conosce la storia del soggetto, la sua individualità, i suoi tratti, i suoi meccanismi di funzionamento, le sue esperienze di vita, anche traumatiche, le sue modalità relazionali…e aiuta il paziente nel trovare la sua strada specifica, e non una predefinita, per affrontare il disagio vissuto, permette al paziente di costruirsi la “sua cassetta degli attrezzi” per fronteggiare le situazioni difficili. Lo psicoterapeuta lavora un po’ come un “artigiano”, così diceva Freud».

Parlare di disagio psichico significa anche parlare di qualcosa che non possiamo vedere direttamente, che non è sotto il nostro controllo diretto e le cui origini non sono “sempre” definite, molto spesso non c’è una causalità diretta, ma multifattoriale (modello bio-psico-sociale) e questo accresce la sensazione di indeterminatezza.

Questo, credo, contribuisca ad un atteggiamento diffidente nei confronti della terapia psicologica, come se non fosse scientifica, misurabile, ma, la psicoterapia è una scienza e prevede impianti di ricerca e studi che ne rilevano l’efficacia».

Guarda il video: 8 stereotipi sulle malattie mentali

Igiene mentale: i buoni vecchi pregiudizi

«Si parla poco di salute mentale anche per forti pregiudizi culturali e sociali: è ancora forte l’idea che i problemi psicologici siano qualcosa che ognuno deve imparare a gestirsi e autogestirsi e che, nel caso non riesca a farvi fronte, è perché non è stato abbastanza forte, come un segno di debolezza e di vulnerabilità. Sentirci vulnerabili e impotenti è una sensazione da evitare che ci mette in contatto con la vergogna e blocca la possibilità di mostrarci fragili a persone estranee per la paura di sentirci giudicati».

2) Secondo una statistica, il 50% dei detenuti soffrono di malattie mentali, è possibile che molti dei reati commessi provengano da questo tipo di disturbo?

«Difficile è riuscire a definire se il disagio psichico sia il fattore scatenante del reato o la patologia psichica che può subentrare durante il percorso detentivo. Le persone detenute hanno scarso accesso a percorsi di sostegno psicologico negli istituti detentivi, a causa dei numeri e del sovraffollamento degli istituti di pena».

Le terapie psichiatriche e psicologiche dentro le carceri sono ridotte ai minimi termini e spesso affidate a Bandi e Progetti finanziati, con una data di avvio e di conclusione, che quindi non garantiscono continuità nel tempo. Inoltre può accadere che dichiarare una patologia psichica, possa essere ritenuto come un attenuante nella pena e questo muta la richiesta di aiuto in un utilizzo strumentale della terapia psicologica per ottenere altri benefici, e non per una reale motivazione interna».

la salute mentale in italia

Leggi anche l’articolo de La Repubblica: Salute mentale, una campagna per combattere lo stigma

Sanità mentali in Italia: I centri di igiene mentale riservati ai carcerati

«Le persone con patologia psichica che compiono reati, per le quali si ritiene che il reato sia strettamente legato ad una patologia psichiatrica, prima venivano reclusi negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (noti come OPG); ora, a seguito della riforma con la legge 17 febbraio 2012, n. 9, nelle REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), dove possono effettuare un percorso di riabilitazione psichiatrica e scontare la pena; si è così passati dalla competenza del Ministero della Giustizia a quello della Sanità.

Credo sia difficile affermare che vi sia una conseguenza diretta tra reato e patologia psichica per il 50% dei detenuti in carcere, ma sicuramente un lavoro psicologico, e non solo, con le persone detenute potrebbe favorire la rielaborazione del reato, migliorare le modalità relazionali, ridurre aspetti legati all’impulsività di fronte a situazioni stressanti…»

NDR: Mi sono avvicinata al tema dei carcerati attraverso una serie
tv di Netflix, da quel momento ho iniziato a farmi molte domande sulle loro vite, loro che ne vivono almeno tre, una prima del carcere, una durante e una dopo. La società non lascia spazio a seconde possibilità per chi ha la fedina penale sporca. Ho trovato utile lasciare qui il link di un documentario firmato National Geographic che spiega le dinamiche di un quotidiano vissuto all’interno di un carcere americano. Guarda qui il video “Prigioni da Incubo”.

Il disagio psichico e la multiproblematicità (sociali, economiche, familiari, dipendenze)

«Il disagio psichico di per sé non è causa di aggressività eterodiretta o comportamenti antisociali. Dalla mia esperienza, in carcere, è presente un’altissima percentuale di detenuti che presentano situazioni di multiproblematicità sociali, economiche, familiari, problemi di tossicodipendenza anche in comorbilità con il disagio psichico, ma quale sia il fattore scatenante che conduce la persona a compire il reato non è semplice da individuare».

la salute mentale carcerati

«Sicuramente il bisogno di interventi psicologici all’interno delle carceri è di notevole importanza per evitare la reiterazione del reato, una volta che la persona ha scontato la pena. Non solo il lavoro psicologico è fondamentale per il reinserimento sociale, ma lo sono anche percorsi di reinserimento lavorativo e quelli di aggancio con i servizi del territorio».

Le numerose esperienze realizzate su diversi contesti, dimostrano che l’insieme di questi interventi, può sostenere le persone in fase di uscita dagli istituti detentivi. Aggiungerei che, oltre ad aspetti legati alla tossicodipendenza e al disagio psichico, ci sono contesti di vita dove il reato e la tendenza a delinquere sono socialmente accettati e appresi durante il proprio sviluppo, come modalità per gestire le situazioni e condurre la propria vita.

Per questo diviene fondamentale il percorso di reinserimento perché se la persona, a fine pena, si trova nuovamente inserita nello stesso contesto e nelle stesse situazioni sociali da dove proveniva, con i medesimi strumenti personali, è facile che i percorsi terapeutici effettuati durante la detenzione rischino di andare in fumo».

igiene mentale

3) Secondo te, la psicoterapia potrebbe evitare che alcune persone commettano reati?

«Secondo me la psicoterapia è un percorso che una persona può fare quando è motivata, quando riconosce di avere un problema e che per quel problema può essere aiutato. Fintanto che i pregiudizi, i contesti sociali e culturali in cui siamo inseriti, ci tengono lontani dalla possibilità di chiedere aiuto e dalla comprensione di avere un problema psicologico che ha il diritto di essere trattato, le persone cercheranno strade per affrontare le proprie difficoltà nei modi che hanno a disposizione.

Credo fortemente che percorsi di supporto psicologici dovrebbero essere maggiormente accessibili dentro le carceri ma anche nella fase di reinserimento in contesti sociali esterni. Ma non solo, la psicoterapia dovrebbe essere implementata: da un rapporto del 2015 (non molto recente) si evince che più del 30% dei detenuti è in carcere per violazione della normativa sugli stupefacenti, il 15/16% per omicidio (o tentato omicidio), estorsioni, furti e rapine al 6/7%, il 5% per reati sessuali ed il 3% per associazione a delinquere».

carcerati sanità mentale

Guarda il video: Come aiutare chi soffre di depressione o ansia

«La maggior parte dei detenuti presenta problemi di tossicodipendenza»

«Da analisi rispetto alla popolazione detenuta nelle carceri la maggior parte dei detenuti presenta problemi di tossicodipendenza, problema che se non viene trattato in carcere o presso le comunità esterne risulta essere anche l’elemento che conduce ad un’altissima percentuale di rischio di recidiva e reiterazione del reato.

La psicoterapia per il trattamento delle dipendenze, insieme alla farmacoterapia e a percorsi educativi sono elementi che aiutano le persone ad affrontare il problema sia dentro il carcere, ma soprattutto da implementare in fase di scarcerazione e una volta rientrati sul territorio».

4) Esiste una nazione modello da poter seguire, che tiene a cuore la sanità mentale dei propri cittadini?

«Devo dire che non sono al corrente di paesi maggiormente all’avanguardia rispetto alle cure e alla prevenzione della salute mentale, ma mi auguro che ci siano.

Diciamo che le cure in questo campo sono ancora molto dibattute tra cure prettamente mediche biologiche, dove il trattamento viene primariamente incentrato sull’utilizzo della psicofarmacologia, e cure che prevedono anche la psicoterapia e/o solo questa disciplina per il trattamento.

Sicuramente in Italia i servizi psichiatrici deputati al trattamento dei problemi psichici gravi sono servizi massacrati dai tagli alla Sanità e dove il trattamento è spesso solamente farmacologico».

salute mentale italia

«La psicoterapia, i percorsi educativi, il supporto alle famiglie e gli interventi di reinserimento sociale e lavorativo, sono spesso carenti o residuali. Sì perché per una riabilitazione completa, oltre alla psicoterapia, è fondamentale che la persona con disagio psichico venga supportata a riprendere una vita “normale” con delle attività lavorative, relazioni sociali e condizioni abitative adeguate».

Sanità mentale in Italia: L’esperienza di Rachele

«Da oltre 6 anni mi occupo di familiari di persone con disagio psichico, presso un’associazione che offre supporto alle famiglie e momenti di socializzazione per le persone con disagio psichico (ASVAP Monza e Brianza www.asvapbrianza.it), e osservo la grande difficoltà che abbiamo nel reperire volontari disposti a confrontarsi con queste problematiche. Si deve ancora lavorare molto per diffondere la conoscenza in questo campo e ridurre lo stigma».

«In Italia i percorsi psicologici nel pubblico sono molto carenti e limitati; il personale è poco rispetto ai bisogni, e quindi i percorsi sono molto diluiti nel tempo, con liste d’attesa lunghe e numeri di colloqui ristretti. Pertanto chi vuole intraprendere un percorso di psicoterapia lo fa privatamente, e questo non per tutti è sostenibile economicamente».

disagio psichico

5) É una mia sensazione che argomenti come le emozioni e i traumi passati, in Italia, siano ritenuti argomenti poco virili di cui parlare?

«Parlare di traumi, sofferenze che ci fanno star male e che magari ci portiamo nel tempo, è qualcosa di poco “virile”, ma non solo per gli uomini. Ho diverse pazienti donne che iniziano un percorso di psicoterapia, ma che si sentono “deboli”, non abbastanza forti, non “virile” nel chiedere aiuto. Questo forse anche legato ad un cambiamento della figura femminile che sempre di più cerca la parità con l’uomo e per cui è diventato sempre più importante mantenere e mostrare un’immagine indistruttibile».

Sono convinta che, a livello educativo, si dovrebbe iniziare a lavorare sulle emozioni e sulla possibilità di esprimerle a partire dall’infanzia, riducendo la demonizzazione verso emozioni di sofferenza, disagio e tristezza. Quanti ancora “dai su non piangere”, “devi essere forte”“così mi fai star male”, “fai il bravo bambino/a” sentiamo dire ai bambini (soprattutto ai maschi)?!

Poiché è difficile stare nella sofferenza e vedere qualcuno che la prova, cerchiamo subito di cancellarla, di toglierla, in modo da poter essere felici e rendere l’altro subito sorridente. Ma questo, indirettamente, ci insegna anche che alcune emozioni non vadano bene e non si debbano provare. Solo che le emozioni, i traumi e le sofferenze non si cancellano, si possono accantonare, ma questo non significa elaborarle».

Guarda il video: Parliamo di psicoterapia online, intervista a Lucrezia Maria Marino

disagi psichici

6) Con che percentuale gli uomini e le donne frequentano percorsi di analisi?

  • «Uno studio del Regno Unito del 2015 evidenzia che, sul numero di persone totali che chiedono di intraprendere percorsi di psicoterapia, il 36% è uomo e che principalmente gli uomini sono propensi a chiedere aiuto per problemi fisici, e solo 1 su 5 per problemi psicologici.
  • Inoltre gli uomini ricorrono anche in misura ridotta, rispetto alle donne, al sostegno di amici e familiari, per trovare supporto nei momenti di difficoltà legati a problematiche psicologiche. Da una ricerca sui portali online di psicologi sembra che gli uomini siano maggiormente propensi a cercare un terapeuta su internet e che le richieste in questo senso siano aumentate del 40%.

concetto di sanità

  • Da una ricerca del Consiglio nazionale degli Psicologi del 2019 in Italia, si evidenzia che il 61% degli intervistati riconosca la salute mentale fondamentale per il benessere e che il concetto di salute si stia sempre più spostando da una dimensione prettamente fisica ad una dimensione globale che comprende anche aspetti legati alla soddisfazione, felicità e tranquillità. Secondo questa ricerca 4 italiani su 10 hanno chiesto aiuto ad uno psicologo nella loro vita e dal 2014 al 2017 la richiesta al servizio pubblico di supporto psicologico è aumentata del 60%.
  • Da un’altra ricerca condotta da ENPAP (ente previdenziale psicologi) nel 2015 una percentuale pari al 62% degli italiani (principalmente maschi tra i 18 e i 25 anni) ricerca un equilibrio emotivo volto alla liberazione e al raggiungimento del piacere, della gratificazione e del successo, orientato al godimento e distogliendosi dal negativo. Il 38% (principalmente donne over 55 anni) del campione invece ritiene che l’equilibrio emotivo possa raggiungersi attraverso un percorso di conoscenza di sé, di comprensione interiore profonda dei propri bisogno e desideri e pertanto disponibili ad intraprendere un percorso psicoterapeutico.

Seppur i dati sopra esposti non siano esaurienti, il trend vede un aumento della richiesta di supporto psicologico che è cresciuta negli anni, sia di uomini che di donne, ma evidenzia anche come le richieste siano improntate molto all’aumento del benessere e della soddisfazione e non tanto all’affrontare condizioni di malessere rispecchiando anche valori di una società, come quella attuale, orientata alla performance, all’immagine e al successo».

Leggi anche: Perché gli uomini non vanno in psicoterapia?

psicologia

7) Sanità mentali in Italia: I disturbi mentali degli uomini sono gli stessi delle donne?

«In un articolo dell’istituto superiore della Sanità viene presa in esame l’esistenza di una differenza di genere rispetto alle patologie psichiche:

“le donne risultano più vulnerabili rispetto a diagnosi di sindrome ossessiva compulsiva, somatizzazione di problemi mentali, depressione e attacchi di panico. Gli uomini, invece, sono più esposti a disordini di personalità e all’abuso e dipendenza dall’alcol. Le differenze di genere legate ai problemi psichici emergono chiaramente nel caso della depressione. I dati elaborati dalla Banca mondiale, infatti, indicano che nei Paesi in via di sviluppo tra le donne quasi il 30% delle disabilità neuropsichiatriche complessive vengono provocate da sindromi depressive, a fronte di un molto più basso 12,6% negli uomini. Una disparità che tende a farsi ancora più pronunciata nelle comunità disagiate”.

Inoltre viene fatto riferimento anche all’importanza del contesto ed alcuni elementi che possono aggravare, nelle donne, lo sviluppo di problematiche psicologiche:

“Il contesto sociale e culturale risulta quindi decisivo: le donne che vivono in ambienti poveri, che non hanno accesso all’educazione, che hanno problemi nell’ambito del matrimonio o della famiglia e quelle che hanno un basso reddito sono molto più vulnerabili delle altre loro coetanee: i fattori ambientali, combinati con quelli di genere, rappresentano quindi i determinanti fondamentali del benessere psichico.”

Alcuni studiosi riferiscono che la prevalenza delle diagnosi di disagio psichico nelle donne sia collegato alla maggiore facilità con la quale vengono etichettate come “problematiche”, e che quindi esistano anche fattori culturali che incidano sulla predominanza di diagnosi psicopatologiche sulle donne, piuttosto che sugli uomini, dove forse alcuni comportamenti di disagio vengono maggiormente inclusi all’interno di stereotipi culturali condivisi (tendenze all’agito, rabbia, aggressività, abuso di alcol e sostanze)».

Leggi anche: Donne e uomini dallo psicologo, differenti aspettative

Questa analisi dettagliata di Rachele fa aprire gli occhi sull’importanza reale della salute psicologica, l’equilibrio mentale non si compra, non si trova all’interno di nessuna medicina, nessun nuovo acquisto e nessun oggetto della dipendenza, non si trova in una forma fisica impeccabile o un ideale. L’equilibrio mentale si potrebbe però includere nell’educazione ai nostri bambini e nella consapevolezza, forse teoricamente banale, che l’altro siamo sempre noi.

Guarda il video: 10 passi per la salute mentale

Guarda il video: “Cosa succede nei miei giorni bui” di Chiara Cecilia Santamaria

Riconnettersi con sé stessi e spegnere il caos del quotidiano e i suoi orari severi, è una pratica che non ci prendiamo mai il lusso di approcciare. La meditazione, una giusta respirazione, la ricerca della calma, sono elementi che potrebbero favorire uno stile di vita rilassato.

Leggi questo articolo sulla meditazione

Ti consiglio di guardare alcuni video che potrebbero metterti di buon umore in giornate difficili come i primi freddi, giorni di cielo grigio o pesanti lunedì al rientro dalle vacanze.

Guarda il video: yoga per diminuire l’ansia

Lascia questo video dell’aurora boreale acceso nella tua TV mentre lavori

Ascolta un po’ di jazz rilassante – Ascolta un po’ di musica classica mentre leggi

Hai ancora tempo per leggere?

Allora potresti leggere anche la mia esperienza di gravidanza in lockdown

Conosci la sindrome di Asperger? Si tratta di un disturbo ancora poco individuabile e i cui sintomi non sono sempre riconoscibili.

Grazie per essere arrivato alla fine di questa intervista, spero ti sia stata utile o che in futuro potrò esserlo io. Se leggendo hai pensato ad un amico a cui potrebbe interessare, condividilo con lui e se non hai tempo, salvalo sullo schermo del tuo telefono per condividerlo più tardi.

A presto, Debora

Lascia un commento